Cinema per addetti ai lavori

I personaggi, questi inutili.

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Marzo 8, 2022

Ricercare l’arte e non la copia della vita. 

C’è quest’idea che circola nella coscienza degli attori, di diventare i personaggi. Non si capisce esattamente perché questa frase, questo concetto, entri come una lama calda nel burro, nella mente di tutti, o quasi.

Ci sembra che il personaggio sia qualcosa di reale, qualcosa di definito, o peggio ancora, definibile. Qualcosa in cui noi ci possiamo trasformare. Non voglio addentrarmi troppo ad indagare le ragioni di queste credenze, mi perderei, ci perderemmo. 

Partiamo da un altro punto per attaccare. I doppioni sono sempre inutili. Inutili, nel senso proprio che non servono, non sono utili. Di un doppione non me ne faccio niente.

Per fortuna, per fortuna, come ha detto qualcuno molto più saggio di me, l’arte figurativa italiana non è caduta in questa trappola da Giotto a Burri, da Masaccio a Licini. L’arte non si interessa di copiare la vita, non guardiamo a Van Eyck, con tutto il rispetto. Guardiamo, semmai dovessimo uscire dai nostri confini, a Picasso, Van Gogh o Bacon.

Che me ne faccio di una copia falsa della vita se posso avere uno sguardo dentro l’anima dell’artista. 

C.B. dice, “se l’attore fa il personaggio, l’attore chi lo fa?”  

All’attore non si richiede il personaggio si richiede l’attore. Io non voglio vedere Marcantonio, io voglio Marlon Brando, non voglio Kurz né Don Vito Corleone, è Brando da sempre Brando.

Io voglio Joe Pesci, Anna magnani, Alberto Sordi, Tognazzi, sempre attori mai personaggi

Oppure voglio Gian Maria Volonté, Ralph Finnies, quando mi hanno dato il loro dentro, quando toltisi il volto mi hanno rivelato le mille maschere che portavano nascoste in fondo ai loro cuori.

Ecco queste sono le due categorie che voglio come attori, quelli che non cambiano mai, che mi danno sempre l’attore, che vanno sempre in giro a volto scoperto, e quelli che mi offrono le mille maschere della loro tormentata anima.

I primi, quelli che in ogni film sono sempre loro, li riconosci sono sempre nello stesso film, come un quadro di Modigliani o di Caravaggio, li riconosci sempre non hai mai dubbi. In questa categoria: Marlon Brando, Clint Eastwood, Klaus Kinski, Idris Elba, Tom Hardy, James Deen, Monica Vitti…

Nell’altra, quelli dalle mille maschere proprie, maschere che non immaginavi: Volonté, Ralph Fiennes, Joaquin Phoenix, Di Caprio, De Niro, Sean Penn, Ian McKellen, Christian Bale, Viggo Mortensen…

Ce ne sono tantissimi altri, provate da soli a fare questo gioco, prendete degli attori e cercate di capire in quale di queste due categorie ricadono. Prima però, domandatevi se vi sono rimasti dentro come esseri umani, come attori, o se vi hanno stupito con trucchi o performance da fenomeni di talento.

Lasciate stare i fenomeni e la maggioranza, quelli che copiano. Che quando studiano un parte, studiano il personaggio… lasciateli occuparsi delle copie.

Nonostante tanti di quelli che vi ho elencato sopra, magari pensano o pensavano, anche loro di star a cercare di diventare personaggi, (alcuni sono sicuro di no) ma fortunatamente hanno fallito e invece di imitare hanno creato, per una miopia, per un loro meraviglioso disturbo della vista, hanno imitato qualcosa che hanno visto solo loro.

Tutte queste parole per dirvi una cosa sola: cari attori ricordatevi che siete artisti, non intrattenitori. 

Non vi fate fregare da chi vi vorrebbe far credere il contrario, il vostro intento è quello dell’artista, fornire la vostra personale interpretazione della realtà, dei sentimenti, della morte. Non lo standard da discount. 

Voi dovete gridare quello che avete dentro, semmai aveste bisogno di una maschera, è lo sconosciuto che vi portate chiuso nei vostri petti timorosi. 

Di ciò ha bisogno lo spettatore, per sentirsi nel viaggio dell’Eroe. L’eroe non va al discount, l’eroe o va a caccia o non mangia.

C’è bisogno del vostro eroe. 

Scavate, per i diamanti bisogna scavare. 

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CLAUDIO VITA
Petritoli, FM

Claudio Vita, si potrebbe anche dire che si occupa da 22 anni di recitazione, senza mentire. Ci manterremmo nel campo della verità se dicessimo che 22 anni fa ha cercato e alla fine trovato grandi maestri. Li ha ascoltati, ha assorbito quanto poteva e per 22 anni ha digerito. Ma possiamo anche fingere e dire che di lui non sappiamo niente e ci allineeremmo alla stragrande maggioranza di voi. Claudio Vita non lo conosce quasi nessuno, e anche quei pochi, lui fa del tutto per evitarli. Sogna una vita in incognito per 23 ore al giorno. Poi affiora quella misera ora in cui si abbandona al prossimo. In quella breve ora concentra tutta la sua socialità. Scrive, organizza a volte incontra e parla. Decisamente in quelle poche ore parla, parla di continuo. Se vi capita di incontrarlo sperate che sia nelle 23 ore di silenzio, altrimenti siete fregati. Tutto il resto che si sa su di lui, è pronto a ritrattarlo per un piatto di lenticchie. Ha più di 40 anni e meno di 50. Un frico.