Cinema per addetti ai lavori

Attore o Personaggio (parte 4)

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Aprile 10, 2024

“Se l’attore fa il personaggio, l’attore chi lo fa?” C.B.

Approfitto di un messaggio arrivato sul profilo Instagram di The Red Method, per riparlare del personaggio.

Vittorio mi chiede cosa ne penso del “calarsi nel personaggio” e nello specifico porta i famosi esempi di Daniel Day Lewis, Robert de Niro, Heath Ledger etc. E poi cita giustamente tutti i metodi più blasonati della recitazione che tutte le scuole propongono (tranne noi e pochissimi altri) .

Risposta breve:

penso che ci sono tanti modi per ottenere un risultato, io insegno quello che ho sperimentato come il più rapido ed efficace oltre che fedele ai principi del Cinema.

Risposta estesa:

Intanto ringrazio per la domanda, perché mi ha ricordato una questione fondamentale e mi ha dato l’occasione per parlarne e non mi riferisco al personaggio, ma al fatto che certi argomenti vanno trattati e ritrattati, e ritrattati e ritrattati.

La formazione, la costruzione di un attore deve passare per la ripetizione, quotidiana, costante delle tecniche e delle teorie. Deve procedere nonostante tutto il vento che soffia contro, nonostante tutta la vita che come dice il poeta “ogni giorno si fa più sotto”. E quindi il mio lavoro, o contributo sarà quello di ripetervi e ricordarvi finché ne avrò fiato (o voglia) quanto avete bisogno di sentire. E che sia chiaro che questa non è polemica, ma realtà, se volete diventare attori professionisti come succede anche ai pugili, ai tennisti etc., dovete ripetere ogni giorno per anni, le stesse 4 cose. Gli allenamenti sono una ripetizione continua, e quando guardate un grande professionista state vedendo una realtà distorta che vi mostra solo l’arrivo, e non la lunga strada in salita che lo ha preceduto, né tanto meno la folla che c’era al via e che man mano ha abbandonato la corsa. Cerchiamo di tenerlo sempre a mente, voi ed io.

Ora veniamo alla nostra domanda, cosa ne penso del “calarsi nel personaggio”. Mi potete portare tutti gli esempi che volete, io vi dico ancora di evitarlo. E non perché sono testardo (magari pure) ma per tutta una serie di motivi che adesso provo ad elencare.

  1. È una questione di principi fondanti del Cinema, il Cinema è finzione, è maschera, è storytelling. Il nome che abbiamo dato al nostro metodo è Red Method, metodo rosso e si riferisce proprio alla questione dell’effetto che va evocato nella mente del pubblico. Si usa della tinta rossa per evocare il sangue. Nell’inquadratura funziona tutto così, TUTTO così. È un principio fondante da cui non si può prescindere, come è per la fisica, la velocità della luce nel vuoto.
  2. quanto detto al punto 1 non è solo una questione pratica perché è più facile da usare la tinta rossa piuttosto che il sangue, ma perché se usassimo del sangue vero l’effetto non sarebbe tale! Immaginatevi Reservoir Dogs con il sangue vero, la fotografia ne perderebbe e con la fotografia la storia. Se le persone venissero ammazzate veramente in un film, tralasciate la questione morale, ciò che ne verrebbe a perdere di più è l’aspetto narrativo, l’aspetto mitologico, ideale. Noi non vogliamo vedere la morte al Cinema, noi la vogliamo evocare per esorcizzarla. La vogliamo vivere senza che essa ci sia. Altrimenti al Cinema non ci andrebbe nessuno.
  3. Il Cinema non è il Circo. Calarsi nel personaggio appartiene al Circo. È nel circo che un giocoliere deve essere veramente bravo, che un acrobata deve rischiare letteralmente la vita, al Circo lo spettacolo è la verità estrema. Io amo il Circo, l’ho anche frequentato per anni, ma il Circo non è il Cinema, hanno alla base dei principi tecnici diversi, in alcuni casi opposti.
  4. Daniel Day Lewis, De Niro e compagnia cantante, non possono essere degli esempi a cui ispirarsi come metodo, primo perché dire che questi semplicemente si calano nel personaggio è come dire che Sinner tiene la racchetta in mano e la sventola nel momento giusto. Mi capite che tutto il lavoro che c’è dietro va leggermente al di là? Questi attori sono (probabilmente, non li conosco di persona) assolutamente dedicati, è stato insegnato loro il “calarsi nel personaggio” e loro lo hanno fatto completamente finché non hanno ottenuto un risultato, seguendo delle strade tutte personali, sono andati sulla montagna scalzi e camminando all’indietro. Ci sono arrivati? Sì certo. Ma a quale costo? Io vi dico studiate il mezzo, i principi e la materia di cui il Cinema è fatto. Studiate il corpo umano e la montagna e magari potreste scoprire che con un paio di scarpe decenti e camminando in avanti si arriva lo stesso.
  5. Daniel Day Lewis che durante le riprese fa il personaggio, mi sta anche bene, ma se una volta dato lo “stop” lui rimane nel personaggio, per quanto mi riguarda è Circo, smette di essere Cinema, a prescindere dal fatto che poi durante il ciak l’effetto rimanga, che l’effetto sia ottimo. L’esperienza maturata e il metodo che seguo io, che si basa sulla retro ingegneria, sullo studio del mezzo e del contesto materiale, mi dice che Daniel Day Lewis sia un grande attore nonostante tutta la fatica (per me inutile) che fa.
  6. Detto questo io non ho niente contro Daniel Day Lewis, per carità. Ma state attenti a cercare di indovinare il processo che ha seguito e quanto questo sia stato causa del risultato senza tener conto della persona e del carattere, il rischio di prendere una cantonata è grande. Io per onestà vi devo dire quello che ho studiato, provato e sperimentato e che riconosco come principi primi, principi fondanti. Ma liberissimi di provare, sperimentare e magari il “calarsi” funziona anche con voi e non sareste i primi.
  7. In fine, “calarsi nel personaggio” presuppone che il personaggio sia uno. Che il personaggio sia qualcosa di perfettamente definito, altrimenti che cavolo di consiglio didattico è? Presuppone anche che sia interessante l’idea immediata che richiama, che sia il fine del film, altrimenti perché definirlo a priori? Immaginatevi di andare da un ritrattista per chiedergli un ritratto e quello ve lo fa. Voi giustamente vi aspettate che il ritratto sia corrispondente il più possibile alla vostra immagine, e lo è. Bene, adesso mi dite che cavolo ve ne fate di una copia? Facciamo invece un piccolo passo indietro nel tempo e al posto del bravo ritrattista a farvi il ritratto ci fosse stato Modigliani o Picasso o Van Gogh… avreste riconosciuto la vostra immagine? No. Ma avreste avuto la possibilità di conoscere la vostra storia, la vostra storia raccontata attraverso gli occhi di un grande artista. Poi è possibile che se avessimo chiesto a Modigliani ma che cavolo avesse dipinto, avrebbe risposto: il vostro ritratto, siete voi, non lo vedete?

Statemi bene e un saluto a Vittorio.

C.

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CLAUDIO VITA
Petritoli, FM

Claudio Vita, si potrebbe anche dire che si occupa da 22 anni di recitazione, senza mentire. Ci manterremmo nel campo della verità se dicessimo che 22 anni fa ha cercato e alla fine trovato grandi maestri. Li ha ascoltati, ha assorbito quanto poteva e per 22 anni ha digerito. Ma possiamo anche fingere e dire che di lui non sappiamo niente e ci allineeremmo alla stragrande maggioranza di voi. Claudio Vita non lo conosce quasi nessuno, e anche quei pochi, lui fa del tutto per evitarli. Sogna una vita in incognito per 23 ore al giorno. Poi affiora quella misera ora in cui si abbandona al prossimo. In quella breve ora concentra tutta la sua socialità. Scrive, organizza a volte incontra e parla. Decisamente in quelle poche ore parla, parla di continuo. Se vi capita di incontrarlo sperate che sia nelle 23 ore di silenzio, altrimenti siete fregati. Tutto il resto che si sa su di lui, è pronto a ritrattarlo per un piatto di lenticchie. Ha più di 40 anni e meno di 50. Un frico.