Perché l’attore deve amare una diagonale?
Almeno una, sì. Almeno una. A volte mi pare di star a prendere in giro me stesso, ripetendo sempre le stesse cose come se fossi idiota io o idiota chi mi ascolta… ma poi mi riprendo, e continuo a ripetere.
Sia così per le diagonali. Una linea non perpendicolare al piano d’appoggio deve essere il primo amore di un attore. Siamo ancora nella geometria Euclidea, siamo in terra amica, quindi non vi turbate. Stiamo parlando di una semplice linea, una linea immaginaria sulla quale scivolare, sulla quale possiamo riposarci, per finta, sia chiaro perché se ad un primo sguardo può la nostra sembrare una posa, diventa in realtà subito una mossa… e da mossa a presa!
Ricercate la vostra diagonale, abitatela, ricercate su di lei un equilibrio precario, ricordatevi quando fanciulli vi arrampicavate sugli alberi; ripensatevi sui rami scomodi ma sicuri, rievocate in voi quelle prese, appunto, e vedrete quanta vitalità, quanta energia prenderà il vostro corpo in camera.
È più semplice di quanto credete, torcetevi appena, ma con forza, sistematevi seduti anche, ma su un bordo, su un limitare, come su di un ramo vi ho detto… e non starete più su una semplice sedia. Nessuno vi crederà più solamente seduti, vedranno una mossa, anzi due, da dove e verso dove.
Si porranno così inconsciamente almeno, due domande. E voi man mano risponderete.
Ecco. Finché questo rituale del suscitare domande e rilasciare pian piano risposte, si compie, allora la vostra storia procede e lo spettatore con voi. La diagonale sarà il vostro punto interrogativo un momento, e l’esclamativo il momento dopo.
Non credete a me, credete a Caravaggio.
…ma quelli so dipinti! Che c’entrano?
No, no, non vi ingannate.
Sono storie per immagini i dipinti, sono storie per immagini i film.
C.Vita